domenica 2 giugno 2013

Gran Torino
Regia
Regia: Clint Eastwood
Soggetto: Nick Schenk, Dave Johannson
Sceneggiatura: Nick Schenk
Produttore: Clint Eastwood, Bill Gerber, Robert Lorenz
Produttore esecutivo: Jenette Kahn, Tim Moore, Adam Richman
Casa di produzione: Double Nickel Entertainment, Gerber Pictures, Malpaso Productions, Village Roadshow Pictures, Warner Bros.
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Montaggio: Joel Cox
Musiche: Clint Eastwood, Kyle Eastwood, Michael Stevens
Scenografia: James J. Murakami

Trucco: Kimberly Jones, Tania McComas
Interpreti
Clint Eastwood: Walt Kowalski
Bee Vang: Thao
Ahney Her: Sue Lor
Cory Hardrict: Duke
Christopher Carley: padre Janovich
John Carroll Lynch: Martin, il barbiere
Geraldine Hughes: Karen Kowalski
Dreama Walker: Ashley Kowalski
Brian Haley: Mitch Kowalski
Brian Howe: Steve Kowalski
Nana Gbewonyo: Monk
Sarah Neubauer: Paralegal
Sonny Vue: Smokie
Doua Moua: Spider
William Hill: Tim Kennedy.
Trama

Walt Kowalski è un polacco reduce della guerra di Corea, appena rimasto vedovo; ex operaio della Ford, vive in una tipica casa unifamiliare della periferia urbana americana, in una zona popolare, nella quale è ormai uno degli ultimissimi non asiatici rimasti. Il disprezzo razzista per il diverso e in particolare per gli immigrati asiatici lo rende particolarmente nervoso e suscettibile. A peggiorare la situazione è anche il pessimo rapporto che ha con i due figli: Mitch, quello che gli è più vicino, sembra in realtà interessarsi più ai suoi beni che alla sua persona. Walt è anche un uomo malato, tormentato dalla tubercolosi ma quello per cui soffre di più è un conflitto interiore che solo un religioso sembra intuire e provare a comprendere, il giovane padre Janovich. Il carattere scontroso e pugnace di Walt è però all'origine di un singolare avvicinamento alla famiglia dei suoi vicini di casa, di etnia Hmong, con la quale si è sempre guardato dall'imbastire il benché minimo rapporto.
Una sera, infatti, il giovane Thao subisce l'ennesima prevaricazione da una gang di teppisti, della quale fa parte anche un suo cugino, che vuole coinvolgerlo nelle proprie attività criminose. La sorella Sue, la mamma, e perfino la nonna, cercano con tenacia di trattenerlo. Ne nasce un parapiglia che finisce per sconfinare anche nel giardino di Kowalski il quale ristabilisce l'ordine, fucile alla mano, mettendo in fuga i giovani malviventi. Il suo gesto, originato probabilmente da motivi egoistici (la salvaguardia del "suo terreno"), appare un'azione coraggiosa e di grande valore agli occhi dei vicini e di tutta la comunità Hmong di cui fanno parte, un gesto compiuto in difesa di una famiglia debole alla quale manca una figura maschile e per questo sottoposta a continue vessazioni (gli Hmong sono una popolazione costretta a emigrare in massa negli Stati Uniti proprio per l'appoggio dato agli americani durante la guerra del Vietnam).
Così, il giorno seguente, il burbero anziano si vede recapitare una grande quantità di fiori e di specialità culinarie che lo irritano e imbarazzano, tanto da gettarne via una gran parte. Quando nei giorni seguenti vede la giovane Sue minacciata da tre afroamericani, interviene di nuovo, mettendo in fuga i malintenzionati e salvando la ragazza. Walt entra così definitivamente nelle grazie della famiglia e della comunità che sta imparando a scoprire.
Thao viene mandato a servire Walt per una settimana, come punizione per aver tentato, giorni prima, di rubare l'auto che Walt custodisce gelosamente nel suo garage: si tratta di una Ford Gran Torino, un bolide del 1972, autentico gioiello che il ragazzino aveva goffamente cercato di sottrarre come gesto d'iniziazione alla banda di teppisti, alla quale tuttavia decide alla fine di non unirsi. Walt non può rifiutarsi di accettare i servigi del ragazzo anche se non ha idea di come impiegarlo. Questa sorta di convivenza forzata gli fa comprendere come i valori più profondi in cui crede si ritrovino più in questo ragazzo e nella sua famiglia, che non nei propri familiari o in altri "americani di oggi". Walt finisce per prendere a cuore le sorti di Thao e gli procura un lavoro. I teppisti non accettano il gesto e aggrediscono il ragazzo. Kowalski, venutone a conoscenza, li raggiunge e, dopo averne pestato uno, li avverte di stare alla larga da quella famiglia. I giovani delinquenti, però, non demordono: quella stessa sera sparano raffiche di colpi contro la casa di Thao, lo feriscono lievemente e ne violentano poi la sorella Sue.
Walt fatica a reprimere la propria rabbia. Padre Janovich capisce il pericolo imminente e lo scongiura di non peggiorare la situazione. Il giorno dopo, Thao, per organizzare la vendetta, va a casa dell'anziano amico, ma questi, per non fargli correre rischi, lo chiude a chiave in cantina con l'inganno e, dopo essersi tagliato i capelli, aver comprato un vestito nuovo ed essersi confessato, si reca dai teppisti. Dalla strada, dove nonostante il buio della sera può essere visto da tutti, affronta i sei giovani criminali tutti ben armati e asserragliati in casa. Quando infila la mano sotto la giacca, come a voler prendere un'arma, i teppisti lo uccidono; ma in tasca aveva solo un accendino. Gli assassini vengono finalmente arrestati, e Thao e la sua famiglia trovano finalmente un po' di serenità e la possibilità di guardare con più fiducia al futuro.

In conclusione, alla lettura del testamento, dettato con il linguaggio colorito che gli era proprio in vita, si scopre che Walt Kowalski ha lasciato la propria casa alla Chiesa come avrebbe voluto la moglie, e la splendida Gran Torino a Thao, l'amico più fidato.

Madagascar 3

Madagascar 3
Regia
Regia: Eric Darnell, Conrad Vernon, Tom McGrath
Soggetto: Eric Darnell, Conrad Vernon, Tom McGrath
Sceneggiatura: Noah Baumbach Eric Darnell
Produttore: Mireille Soria, Mark Swift
Casa di produzione: DreamWorks Animation
Distribuzione (Italia): Paramount Pictures, United International Pictures
Montaggio: Nick Fletcher

Musiche: Hans Zimmer
Doppiatori originali
Ben Stiller: Alex
Chris Rock: Marty
David Schwimmer: Melman
Jada Pinkett Smith: Gloria
Sacha Baron Cohen: Re Julien
Cedric the Entertainer: Maurice
Andy Richter: Mortino
Tom McGrath: Skipper / poliziotto #1
Chris Miller: Kowalski
Christopher Knights: Soldato
John DiMaggio: Rico
Conrad Vernon: Mason / poliziotto #2
Frances McDormand: Capitano Chantel DuBois
Bryan Cranston: Vitaly
Jessica Chastain: Gia
Martin Short: Stefano
Paz Vega: 3 gemelle andaluse
Vinnie Jones: Freddie il cane
Steve Jones: Jonesy il cane
Nick Fletcher: Frankie il cane
Frank Welker: Sonya l'orso
Danny Jacobs: Croupier
Daniel O'Connor: sindaco di New York
Eric Darnell: comandante
Stephen Kearin: poliziotto #4
Trama

Mentre i pinguini sono a Monte Carlo, si festeggia il compleanno di Alex (il leone), nella riserva Kenia,Gli amici di Alex, Marty (la zebra), Gloria (l'Ippopotamo) e Melman (la giraffa) gli regalano così una piantina di New York, facendo crescere la nostalgia per lo zoo in cui vivevano, quello di Central Park. Per tornare a casa nello zoo newyorkese, decidono quindi di raggiungere i pinguini a Monte Carlo via mare, anche con l'aiuto di re Julien. Arrivati quindi a destinazione, si intrufolano nel casinò di Montecarlo dove vedono uno degli scimpanzé fuggito con i pinguini travestito da re di Versailles. Nel tentativo di raggiungerlo però, Gloria distrugge il soffitto di vetro del casinò piombando sulla folla e seminando il panico nel casinò.
Dopo una rocambolesca fuga per le vie della città, vengono salvati dagli scimpanzé sull'aereo dei pinguini, ma a causa di tutto questo diventano ricercati in tutta Europa. A capo di tale ricerca è nominato il malefico capitano Chantal DuBois, terribile e infida donna francese e guida di una squadra di accalappiatori, anche se il suo scopo diventa ben presto quello di aggiungere ai suoi trofei di teste di animali il leone, ossia Alex.
A causa di un guasto all'aereo dei pinguini, precipitano vicino ad una stazione ferroviaria, raggiunti poco dopo dalla polizia. Non potendo riparare il danno e tentando di fuggire dagli sbirri, Alex e i suoi compagni si uniscono ad un circo in partenza per Roma. Qui incontrano una tigre russa di nome Vitaly, una femmina di giaguaro chiamata Gia, e un leone marino addestrato, Stefano. Nel frattempo, i pinguini comprano il circo per costringere Vitaly ad accettare la loro presenza e Alex si innamora di Gia, mentre re Julien incontra una femmina di orso bruno di nome Sonya. Durante il viaggio sul treno, parlando con gli altri animali scoprono che la tappa dopo Roma è Londra e che se il loro spettacolo avrà successo, verranno scelti per un tour in America, riuscendo quindi a tornare a New York. Purtroppo, l'esibizione al Colosseo di Roma, non va affatto bene e, inseguiti da una miriade di persone che rivogliono indietro i soldi per l'ingresso, riescono ugualmente a fuggire sul treno e mettersi in salvo.
Il capitano DuBois, invece, viene arrestato per aver preso delle motociclette alla Polizia, ma raggirando le guardie si mette in salvo e scopre che Alex è il leone smarrito dello zoo di Central Park, affiggendo in giro dei volantini per chiederne il ritrovamento.
Sul treno per Londra, Alex viene a sapere da Stefano la verità sul passato di Vitaly: lui era un grande circense ammirato da tutti grazie al numero del "tuffo nel cerchio" ma a causa dell'olio lubrificante, andato a fuoco durante uno spettacolo con l'anello infuocato, ha perso la fiducia in se stesso, e come lui anche gli altri animali sono demoralizzati. Grazie però ad Alex e gli altri, riescono a rinnovare il loro spettacolo, tornando così degli artisti affermati e combattendo contro i loro sentimenti nostalgici e distaccati. Durante le prove dello spettacolo con il trapezio, Alex comincia a sentirsi sempre più attratto da Gia. A causa del ritorno di DuBois sono costretti ad interrompere le prove e a ripartire per Londra, dove finalmente presentano il loro spettacolo. L'esibizione va a gonfie vele e i quattro amici rivelano avere ottime qualità acrobatiche: Alex nel trapezio con Gia; Marty nel numero dell'uomo cannone con Stefano; e Melman e Gloria nel funambolismo musicale.

DuBois fa ritorno e i pinguini riescono a sbarazzarsi nuovamente di lei, ma a causa del volantino in cui si mostra Alex allo zoo i lemuri, Alex, Marty, Melman e Gloria vengono scacciati dal circo dagli altri animali e re Julien scarica Sonya per poter tornare allo zoo. A New York, gli animali del circo mettono su un nuovo spettacolo come da contratto mentre Alex, Marty, Gloria e Melman tornano al loro amato zoo. Lì capiscono che i loro sentimenti nostalgici non sono appagati in quanto tutto sembra più noioso di come lo ricordavano. Decidono così di tornare sui loro passi e riunirsi al circo, ma vengono rapiti da DuBois che però, essendo stata vista dai proprietari dello zoo poco dopo aver tentato di uccidere Alex, è costretta a consegnare gli animali ai legittimi proprietari, mentre Julien ritorna al circo sotto l'effetto dei sonniferi. Nonostante ciò, il terribile capitano tenta ugualmente di uccidere il leone sotto gli occhi degli spettatori. Viene salvato insieme agli altri dagli animali del circo, che trovando re Julien in stato di ebbrezza avevano capito il pericolo e guidati da Skipper erano andati a soccorrere Alex con l'operazione "Circo Afro". Durante la battaglia, L'infida DuBois viene sconfitta grazie alle abilità di esibizioni di tutti gli animali e grazie al "Trapezio Americano" di Alex. Alla fine, dopo essere stati salvati, Alex e i suoi amici decidono di restare con gli animali del circo per vivere una vita piena di avventure perché capiscono che quella ormai è diventata la loro casa. Alla fine l'arcigna e vile DuBois viene mandata in Madagascar insieme ai suoi quattro agenti; la scena è orchestrata in modo simile all'episodio accaduto ai protagonisti nel primo film.

Madagascar 2

Madagascar 2
Regia
Regia: Eric Darnell, Tom McGrath
Soggetto: Ryan Gong
Sceneggiatura: Etan Cohen, Eric Darnell, Tom McGrath
Produttore: Mireille Soria, Mark Swift
Casa di produzione: DreamWorks Animation
Distribuzione (Italia): Universal Pictures
Storyboard: Gary Graham, Paul Fisher
Animatori: Bill Diaz, Ryan Gong, Tomoyuki Harashima, Mariko Hoshi, Jeffrey Joe, Eunjin Suh, Greg Whittaker
Musiche: Hans Zimmer
                                           Doppiatori originale.
Ben Stiller: Alex il leone
Chris Rock: Marty la zebra
David Schwimmer: Melman la giraffa
Jada Pinkett Smith: Gloria l'ippopotamo
Sacha Baron Cohen: Re Julien
Cedric the Entertainer: Maurice, lemure
Andy Richter: Mortino, lemure
Bernie Mac: Zuba
Sherri Shepherd: Florrie
Alec Baldwin: Makunga
Will.i.am: Moto Moto
Elisa Gabrielli: Nana
Tom McGrath: Skipper
Chris Miller: Kowalski
Christopher Knights: Soldato
Conrad Vernon: Rico
Quinn Dempsey Stiiler: baby Alex
Declan Swift: baby Alex
Willow Smith: baby Gloria
Thomas Stanley: baby Marty
Zachary Gordon: baby Melman
Stephen Kearin: Stephen, turista con la videocamera
Phil LaMarr: guida turistica
Fred Tatasciore: Teetsi, bracconiere #1

Ben O'dell: bracconiere #2
Trama
Il film parte con un breve flashback nell'agosto 2001,che racconta la storia di Alex il leone. Alakay (il suo vero nome) è il figlio di Zuba, Leone Alfa di un branco di animali in una riserva del Kenya, e di Florrie, la compagna di Zuba.
Mentre il padre viene sfidato da Makunga, un leone malvagio e crudele che vuole diventare Leone Alfa, Alakay cade in un tranello dei bracconieri: segue una misteriosa corda che lo conduce fuori dalla riserva, in cui nessun animale osa avventurarsi, e viene rapito. Il padre tenta di recuperare il pargolo e nella lotta riesce a slegare dal furgone la cassa dove i bracconieri hanno chiuso il piccolo Alakay, ma viene ferito e cade dal veicolo. Il furgone sterza violentemente e la cassa con il leoncino dentro, ormai slegata, scivola dal veicolo finendo in un fiume che sorge dal Kilimangiaro, attraversa tutta l'Africa equatoriale e sfocia nell'Atlantico. Zuba non se ne accorge e, una volta rialzatosi, continua a inseguire il furgone urlando disperatamente il nome del figliolo, ma uccidendo lo stesso i bracconieri. La cassa con il cucciolo, nel frattempo, giunge a New York, dove viene ripescata dagli addetti all'immigrazione. Il piccolo viene portato allo zoo di Central Park, dove verrà rinominato Alex. Lì crescerà e diventerà il famoso "Alex il leone", dimenticandosi della sua infanzia in Africa, mentre arriverà il mese di settembre, le Torri Gemelle crolleranno e mentre inizieranno gli anni Duemiladieci.
A questo punto la narrazione riparte da quando lui è adulto e naufragato da un anno in Madagascar( la terra colpevole di sventura, per loro). I pinguini che avevano dirottato la nave dove stavano a bordo gli amici di Central Park (Gloria l'ippopotamo, Alex il leone, Melman la giraffa maschio e Marty la zebra maschio) si sentono colpevoli. Così decidono di partire con un vecchio rudere d'aereo intrappolato in un albero che viene fiondato in cielo. Assieme ai pinguini e ai quattro partono il re dei lemuri Julien, i suoi consiglieri Mortino e Maurice e le scimmie Phil e Mason.
Skipper, il capo dei pinguini, a causa di un guasto all'aereo, avvisa ai passeggeri di non rischiare di morire e decide di attuare l'atterraggio di fortuna, dicendo alla sua bambolina di pezza di non guardare, perché lui la ama. L'aereo cade vorticosamente e Re Julien e Maurice si impigliano a uno scheletro e escono fuori dall'aereo e si apre il paracadute. Atterrano in mezzo alla savana keniota. I quattro litigano coi pinguini, ma decidono di andare incontro a una vicina colonia d'animali.
Julien e Maurice invece iniziano a governare una colonia di fenicotteri. Durante una colluttazione con il leone-alfa della colonia, Alex scopre che tutti e due hanno la stessa macchia su una zampa: sono infatti padre e figlio. Riconciliatosi coi genitori Alex inizia a vivere con loro. Gloria invece incontra Moto Moto, di cui si innamora. Marty incontra una colonia di zebre identiche a lui, e Melman diventa invece medico della riserva (perché alcune cose più urbane le avrà prese Zuba, dopo aver ucciso i bracconieri, rapitori del figlio). Makunga intende sfruttare a suo favore Zuba e Alex. Nel frattempo Nana, la vecchina robusta che aveva ostacolato la fuga di Alex nel precedente episodio, si trova invece in safari turistico in Kenya con altri newyorkesi e Soldato fa finta di essere morto mentre i pinguini rubano la jeep dei turisti e assumono Phil, Mason e altre scimmie per aggiustare l'aereo, tramite alcuni componenti del mezzo di trasporto rubato. Makunga ricorda a Zuba, che,come leone-alfa, è il padre di Alex, che suo figlio non ha ancora compiuto il suo "rito di passaggio", cerimonia in cui i leoncini si guadagnano la criniera lottando. Poi consiglia un temibile avversario, Teetsi, al figlio. Alex che crede la lotta una gara di danza viene terribilmente sconfitto, e secondo la tradizione deve venir bandito ed esiliato dal suo stesso padre, in qualità di Leone Alfa. Allora Zuba segue l'unica altra alternativa che aveva per non bandire lui il figlio: si rassegna lasciando il comando, e quindi Makunga se ne impadronisce zittendo e bloccando chi tenta di opporsi, ed esiliando l'ex-sovrano e il figlio.
Marty e Alex litigano, perché Marty non è diverso tra le zebre e non c'è niente di unico in lui, mentre invece Gloria e Moto Moto sciolgono il fidanzamento, visto che lei non accetta che lui l'apprezzi solo per la sua obesità, come se lei non fosse nessuno a parte quello per lui. Melman ammonisce Moto Moto, e Gloria ode la sua confessione d'amore.
Arriva però il disastro. I turisti newyorkesi ,per sopravvivere senza la jeep rubata, creano una diga sbarrando il fiume che dà acqua nella riserva e che è l'unica fonte di vita. Il guaio sta nel fatto che la diga è fuori della riserva e nessuno osa fuggire di lì. Alex non approvando il terribile piano di Makunga,che era una guerra civile, decide di partire per scoprire l'origine del guaio dando l'addio a Marty che riesce finalmente a distinguere dall'immensa colonia di zebre. Così Marty capisce di essere un po' unico e lo perdona. I due partono ma vengono assaliti dai newyorkesi, solo Marty riesce a fuggire, mentre Alex viene catturato. Julien ha convinto tutti a fare un sacrificio per il ritorno dell'acqua, però con un volontario gettato nella lava di un vulcano minuscolo vicino al Kilimangiaro.
Melman sentendo di essere vicino alla morte e non sapendo che la sua amata Gloria si è scordata di Moto Moto, pensando di non avere scopi nella vita decide di offrirsi per il sacrificio. Gloria tenta di fermarlo ma ormai è tardi. Tutti sono su un vulcano pronti a gettarci dentro Melman. All'improvviso appare il vecchio medico creduto da tutti morto, il quale rivela che la malattia che aveva avuto non è mai esistita. Allora Gloria cerca di raggiungere Melman, ma ad un certo punto lo spuntone di roccia che sorreggeva Melman cede. Questi sarebbe caduto nel vulcano se non fosse stato per Gloria, che salva Melman per un pelo. I due promettono di sposarsi, felici e con cuccioli ibridi tra ippopotamo e giraffa. Arriva però Marty che spiega loro della cattura di Alex. Intanto Makunga raggiunge Zuba e lo spinge ad uscire dalla riserva in cerca del figlio,ma solo per far uccidere anche lui. Gloria e Melman vanno dai pinguini, i quali hanno terminato l'aereo ma hanno una colluttazione con le scimmie. Alla fine grazie a un compromesso l'aereo può partire.
Alex viene legato e preparato per l'arrostitura, fortemente voluta dalla vecchietta sua nemica giurata. All'improvviso Zuba sopraggiunge da un cespuglio e libera il figlio. I due si mettono a ballare e i turisti newyorkesi posano le armi, applaudono e riconoscono Alex, ma Nana cerca comunque di ucciderli da sola, quand'ecco che piomba l'aereo e le scimmie che li raccattano sono attaccate mano nella mano, formando una catena e reggendosi da una parte ad un cestello d'alluminio e dall'altra all'aereo. La vecchina, salita sul coronamento della diga, viene tramortita e nascosta nel cestello mentre la diga viene distrutta. Nel frattempo nel vulcano Julien si lamenta che purtroppo tutti sono fuggiti per salvare Alex, dimenticando il sacrificio. Arriva però Mortino che facendosi inseguire dallo squalo, frena, e si fa oltrepassare da esso che precipita nella lava completando il rito sacrificale. I tre osservano e vedono il ritorno dell'acqua : il sacrificio ha funzionato.
L'acqua ritorna definitivamente nell'Africa, ma Makunga, si oppone al ritorno di Alex e Zuba. Alex gli dona,come onore, la borsetta della nonnina Nana, ingannandolo. Quest'ultima spunta dal cestello, tramortisce Makunga e se lo trascina lontano. Alla fine Zuba, di nuovo leone-alfa, celebra il matrimonio fra Skipper e la bambolina che partono per Montecarlo in luna di miele insieme alle scimmie e l'oro africano coloniale, con l'aereo. In tal modo Alex, Marty, Gloria, Melman e i lemuri restano in Kenya,per cercare di adattarsi al loro luogo d' origine,pur essendo lo zoo ,casa loro. Tuttavia ciò non dispiace agli animali, né dispiace a Zuba ospitarli tutti nella riserva.

sabato 1 giugno 2013

Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re

Il Signore degli Anelli - Il ritorno del Re
Regia:
Regia: Peter Jackson
Soggetto: J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens
Produttore: Peter Jackson, Barrie M. Osborne, Fran Walsh
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione (Italia): Medusa Film
Fotografia: Andrew Lesnie
Montaggio: Jamie Selkirk, Annie Collins
Effetti speciali: Joe Letteri, Richard Taylor, Jim Rygel
Musiche: Howard Shore (musiche originali) + David Donaldson, Enya, David Long, Steve Roche, Janet Roddick
Scenografia: Grant Major, Dan Hennah, Alan Lee, John Howe

Personaggi:

Elijah Wood: Frodo Baggins
Ian McKellen: Gandalf
Liv Tyler: Arwen
Viggo Mortensen: Aragorn
Sean Astin: Samvise Gamgee (Sam)
Cate Blanchett: Galadriel
John Rhys-Davies: Gimli
Bernard Hill: Théoden
Billy Boyd: Peregrino Tuc (Pipino)
Dominic Monaghan: Meriadoc Brandibuck (Merry)
Orlando Bloom: Legolas
Hugo Weaving: Elrond
Miranda Otto: Éowyn
David Wenham: Faramir
Karl Urban: Éomer
John Noble: Denethor
Andy Serkis: Gollum/Sméagol
Ian Holm: Bilbo Baggins
Sean Bean: Boromir
Thomas Robins: Déagol
Bruce Hopkins: Gamling
Peter Tait: Shagrat
Stephen Ure: Gorbag
Lawrence Makoare: Gothmog e Re degli Stregoni
Sarah McLeod: Rosie Cotton
Noel Appleby: Everard Tronf
Paul Norell: Re dei Morti
Bruce Phillips: Grimbold
Ian Hughes: Irolas
Joel Tobeck: Capo degli Orchi
John Bach: Madril
Bret McKenzie: Lindir
Christopher Lee: Saruman (versione estesa)
Brad Dourif: Vermilinguo (versione estesa)
Peter Jackson: Mercenario (versione estesa)
Bruce Spence: Bocca di Sauron (versione estesa)

Trama:



Il film si apre con il passato di Gollum. Il racconto inizia da una battuta di pesca da parte di due piccoli hobbit: Sméagol e Déagol. All'amo di Déagol abbocca un pesce molto grande che trascina l’hobbit in acqua. Il pesce riesce a scappare con l'esca ma lo sventurato pescatore è attratto da un bagliore sul fondo, che si rivela poi essere l'Unico Anello. Quando Déagol torna a riva con l'insolito frutto della sua pesca, Sméagol vede l'Anello e ne desidera fortemente il possesso. Sméagol così glielo chiede come regalo di compleanno, ma Déagol si rifiuta. Nasce così uno scontro che sfocia nella morte di Déagol. Divenuto il Portatore dell'Anello, Sméagol è lentamente consumato e trasformato dal potere oscuro dell'oggetto e rintanatosi a vivere nelle profondità della terra, diviene in seguito Gollum.
Tornando al presente, Gandalf, Théoden, Aragorn, Gimli, Legolas e Éomer si recano a Isengard, trovandola distrutta dagli Ent, e incontrano Merry e Pipino, i quali narrano loro il trionfo di Barbalbero su Saruman. I cinque eroi affrontano un forte duello verbale con Saruman che tenta, grazie alla sua voce ingannatrice, di tirare l'ultima stoccata nei confronti di re Théoden. Il re di Rohan, però, non si fa cogliere impreparato e risponde per le rime all'ennesima provocazione del malvagio stregone. Grima Vermilinguo, che finora aveva seguito in disparte la scena e subito l'ennesima umiliazione da parte del suo "padrone", in un impeto di orgoglio pugnala Saruman alle spalle, facendolo precipitare dalla torre, ma venendo ucciso a sua volta da una freccia di Legolas. Subito dopo Pipino trova il Palantír sotto l'acqua che ricopre Isengard e lo prende, ma Gandalf glielo toglie di mano mettendolo in guardia sulla sua pericolosità. I guerrieri tornano poi tutti insieme a Edoras per festeggiare la vittoria su Isengard. Ma la curiosità di Pipino non ha limiti e, mentre tutti dormono, cerca di dare un’occhiata nel Palantír, attirando così su di sé il vigile occhio di Sauron. Fermato in extremis riferisce a Gandalf quanto ha visto nella sfera. Così da Rohan Gandalf e Pipino partono per Gondor.
Arrivato a Minas Tirith, Gandalf cerca di convincere il sovrintendente Denethor a prepararsi per l'attacco di Sauron, ma questi, sconvolto dalla morte del figlio Boromir (avvenuta alla fine de La Compagnia dell'Anello) ha perso ormai il lume della ragione. Nel frattempo Frodo e Sam, accompagnati da Gollum, continuano il loro pericoloso viaggio e arrivano davanti alle porte di Minas Morgul, dalle quali vedono uscire un grande esercito comandato dal Re Stregone di Angmar. Mentre salgono le ripide scale di roccia che portano a Cirith Ungol, Gollum fa credere a Frodo, sconvolto dalla fatica e debilitato dall'Anello, che Sam voglia impadronirsi del potente oggetto; il portatore dell'Anello dice quindi a Sam di andarsene.
A Edoras, nel frattempo, Aragorn è riuscito a convincere re Théoden ad accorrere in aiuto di Gondor. È quindi radunato un esercito di 6000 Rohirrim pronti a muovere verso Minas Tirith; troppo pochi per sperare in una vittoria. Per poter rinfoltire i ranghi dell'esiguo esercito Aragorn, accompagnato da Gimli e da Legolas, decide di attraversare i Sentieri dei Morti, infestati da un antico popolo che avrebbe dovuto aiutare Isildur e che, non avendo mantenuto la promessa, potrà trovare pace solo dopo aver aiutato l’erede di Isildur, cioè Aragorn.
Faramir, posto a difesa di Osgiliath, subisce un violento attacco da parte degli orchi che lo costringono a ritirarsi assieme ai suoi uomini. Tornato a Minas Tirith, è incolpato da suo padre Denethor della sconfitta e obbligato a un disperato e suicida tentativo di contrattacco. Riesce a salvarsi, ma è gravemente ferito e Denethor, ormai impazzito di dolore, quando vede l'esercito di Sauron in arrivo decide di suicidarsi insieme al figlio e ordina ai servi di preparare un rogo.
Frodo, nel frattempo, entra a Cirith Ungol dove, tradito da Gollum, è assalito e colpito da Shelob, un immenso ragno discendente da Ungoliant. Rientra però in azione Sam, che, accortosi del tradimento di Gollum, torna indietro ad aiutare l'amico, sconfigge Shelob ma è costretto a prendere l'Anello e Pungolo da Frodo, apparentemente morto.
La difesa di Minas Tirith è organizzata da Gandalf, ma la superiorità numerica degli orchi è schiacciante e il cancello della città è abbattuto consentendo agli invasori di dilagare all'interno. Gandalf, avvertito da Pipino, raggiunge Faramir sulla sommità della cittadella, nel luogo dove riposano i re di Gondor, per salvarlo dalla pazzia di suo padre Denethor che vuole essere cremato assieme a lui. Lo stregone riesce a salvare Faramir ma, a seguito della colluttazione che ne nasce, Denethor prende fuoco e si getta in preda alle fiamme dalla rupe che sovrasta la città. Intanto gli orchi avanzano all'interno di Minas Tirith, ma all'alba giungono sul campo i cavalieri di Rohan che, con una carica travolgente, sbaragliano le file del nemico. A questo punto, però, Sauron fa entrare in scena gli enormi olifanti, che creano disordine e scompiglio tra i difensori. L'arrivo di Aragorn, fiancheggiato da Legolas, da Gimli e dall’esercito dei Morti, conclude la battaglia a favore di Gondor e Rohan. Théoden resta, però, gravemente ferito nello scontro con il Re Stregone che Éowyn, poco prima della morte dello zio, riesce a uccidere grazie all'aiuto di Merry. Sconfitto l'esercito di Sauron, non resta che marciare verso Mordor.
Sauron, tuttavia, può contare ancora su decine di migliaia di orchi nella battaglia finale. Aragorn e Gandalf, intanto, hanno deciso di marciare verso il Nero Cancello, in modo da attirare su di loro l'attenzione di Sauron, distraendolo così da Frodo, il quale può recarsi all'interno del Monte Fato per distruggere finalmente l'Anello. Aragorn, dunque, a capo dell'esercito di Gondor e di Rohan, si presenta ai cancelli di Mordor per sfidare Sauron. Quando il Nero Cancello si apre è possibile udire l'esercito degli orchi gridare la poesia dell'anello nella Lingua Nera.
Frodo, intanto, in realtà ancora vivo dopo l'attacco di Shelob, è catturato dagli orchi, ma, dopo essere stato salvato da Sam, recupera l'Anello e riprende il viaggio insieme al fedele amico. Arrivati alle pendici del Monte Fato, i due hobbit si scontrano nuovamente con Gollum, e, mentre Sam combatte, Frodo entra nella Voragine del Fato per gettare l'Anello. Arrivato al momento cruciale, cede però alla sua corruzione e lo indossa, rivelando così la sua posizione a Sauron che spedisce immediatamente i Nazgûl contro di lui. Prima di loro arriva, però, Gollum che, con un morso, strappa il dito con l'Anello a Frodo e durante la colluttazione che segue, cade nella lava trascinando con sé l'Anello che così è finalmente distrutto: grazie a questo avvenimento Sauron viene finalmente sconfitto e i suoi servi vengono dispersi.
Frodo e Sam sono portati via da Mordor dalle Aquile, arrivate in loro soccorso grazie a Gandalf, e raggiungono Minas Tirith, dove si tiene la grande cerimonia per l'incoronazione di Aragorn come re di Gondor e il suo matrimonio con Arwen, figlia di Elrond. Gli hobbit tornano nella Contea e, pochi anni dopo, Frodo, quale Portatore dell'Anello, decide di partire insieme a Bilbo (diventato nel frattempo lo hobbit più vecchio della storia della Contea), a Gandalf e agli ultimi elfi rimasti (tra cui Celeborn e Galadriel) verso Valinor, chiudendo così la Terza Era della Terra di Mezzo.

Il Signore degli Anelli - Le due Torri

Il Signore degli Anelli - Le due Torri
Regia
Regia: Peter Jackson
Soggetto: J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione (Italia): Medusa Film
Fotografia: Andrew Lesnie, A.C.S.
Montaggio: Michael J. Horton, Jabez Olssen
Effetti speciali: Joe Letteri, Richard Taylor, Jim Rygel
Musiche: Howard Shore, Fran Walsh, Emiliana Torrini

Scenografia: Grant Major, Dan Hennah, Alan Lee, John Howe

Personaggi:
Elijah Wood: Frodo Baggins
Ian McKellen: Gandalf
Liv Tyler: Arwen
Viggo Mortensen: Aragorn
Sean Astin: Samvise Gamgee (Sam)
Cate Blanchett: Galadriel
John Rhys-Davies: Gimli
Bernard Hill: Théoden
Christopher Lee: Saruman
Billy Boyd: Peregrino Tuc (Pipino)
Dominic Monaghan: Meriadoc Brandibuck (Merry)
Orlando Bloom: Legolas
Hugo Weaving: Elrond
Miranda Otto: Éowyn
David Wenham: Faramir
Brad Dourif: Vermilinguo
Karl Urban: Éomer
Andy Serkis: Gollum/Sméagol
Craig Parker: Haldir
Bruce Hopkins: Gamling
John Noble: Denethor (versione estesa)
Sean Bean: Boromir (versione estesa)

Trama:
La storia riprende dopo la fine della prima parte, La Compagnia dell'Anello.
Durante la marcia verso Mordor, Frodo e Sam si accorgono di essere seguiti e decidono di tendere una trappola al loro inseguitore. Una notte lasciano che Gollum si avvicini loro alla ricerca dell'Anello per poi catturarlo dopo una piccola battaglia strappandogli la promessa di essere accompagnati a Mordor in cambio della libertà.
Ad Isengard Saruman crea sempre più Uruk-hai per la guerra contro Rohan e stringe nuove alleanze con gli uomini delle montagne per farli combattere al suo fianco. Così i mostri creati dal potere malefico dello stregone cominciano a razziare le terre del Mark attaccando i villaggi e uccidendone tutti gli abitanti. In uno dei tanti scontri tra Rohan e le forze di Saruman, Théodred, figlio del re Théoden, rimane ferito gravemente per poi essere ritrovato dal cugino Éomer in fin di vita e condotto a Edoras. Qui Éomer è cacciato da Rohan dopo uno scontro verbale con Grima Vermilinguo in cui il nipote del re manifesta i suoi sospetti verso di lui, infatti, in segreto, Grima lavora per Saruman e ritiene pericolosa la vicinanza di Éomer al re (ormai assoggettato al potere dello stregone bianco). La cacciata di Éomer lascia la sorella di quest'ultimo, Éowyn, inerme e indifesa alle trame del viscido consigliere dello zio.
Nel frattempo il gruppo di Uruk-hai che hanno rapito Merry e Tuc si unisce ad alcuni orchi provenienti da Mordor che vorrebbero portarli da Sauron ma, invece, si vedono costretti ad accompagnare verso Isengard i loro più forti simili. Giunti sul limitare della foresta di Fangorn, gli orchi si fermano per una pausa e cominciano a litigare sulla sorta degli hobbit (che alcuni vorrebbero divorare). La lite degenera finché essi non vengono interrotti dai cavalieri comandati da Éomer che li trucidano.
Aragorn, Legolas e Gimli, sulle tracce degli Uruk-hai, incontrano Éomer e la sua banda per avere informazioni sui rapitori degli hobbit. Questi ultimi riferiscono loro che gli orchi sono stati completamente distrutti e che non c'erano sopravvissuti. A questo punto, senza nessuna speranza, i tre si recano sul luogo dello scontro e, grazie alle abilità di Aragorn, capiscono che gli hobbit, nella confusione generale, si sono salvati rifugiandosi nella foresta di Fangorn.
Entrandovi aspettandosi di trovare gli hobbit, i tre invece incontrano improvvisamente Gandalf il Bianco, che credevano ormai scomparso dopo lo scontro con il Balrog avvenuto sul ponte di Khazad-dûm: lo stregone si presenta nelle vesti di capo degli stregoni a seguito sia del tradimento di Saruman sia della sconfitta del Balrog. Con questo incontro lo scopo dei tre guerrieri cambia radicalmente: Gandalf, infatti, suggerisce ai tre di evitare di seguire le tracce dei due hobbit, poiché sa che sono riusciti a mettersi in salvo, e riporta la loro attenzione su un problema più grande: la guerra che sta per colpire Rohan. I quattro devono raggiungere il re di Rohan e risvegliarlo dall'incantesimo di Saruman, che l’ha intorpidito nel corpo e nella mente e reso incapace di agire, per poterlo convincere a organizzare una difesa contro l'esercito di ferocissimi Uruk-hai che si avvicina sempre più a Rohan per distruggerlo.
Gollum, Frodo e Sam, dopo aver marciato verso il Nero Cancello di Mordor e non essere riusciti a entrare, decidono di prendere un'altra via, nota solo a Gollum, e così riprendono il loro viaggio. Durante una sosta s’imbattono in uno degli eserciti di Sauron. Non facendosi notare, osservano il loro passaggio scorgendo un animale a loro sconosciuto: l'Olifante. Mentre ammirano questo enorme animale, non si accorgono della presenza degli uomini di Gondor capitanati dal giovane Faramir, che attaccano e massacrano l'esercito nemico per poi catturare Frodo e Sam, ritenendoli delle spie. Dopo la cattura sono condotti in un rifugio all'interno di una cascata (la cosiddetta "Finestra che si affaccia a Occidente") usato come base per i movimenti delle truppe di Gondor. Frodo rivela a Faramir di essere partito da Gran Burrone con altri sette compagni, tra cui Boromir. Faramir allora rivela ai due hobbit di essere il fratello di Boromir, e di come inizialmente avrebbe dovuto partire lui per Gran Burrone, ma, a causa del padre Denethor, Boromir fu scelto per partecipare al Consiglio di Elrond. Infine informa Frodo e Sam della morte di Boromir, lasciando sconvolti i due hobbit.
Risvegliato re Théoden dall'incantesimo, i compagni riescono a convincerlo a muovere guerra contro gli orchi e il re decide di rifugiarsi al Fosso di Helm per affrontare i nemici, così tutti gli abitanti e i cavalieri di Rohan abbandonano la città per recarsi alla fortezza costruita sopra il fosso. Gandalf, invece, lascia i profughi dirigendosi a nord a cercare rinforzi.
Durante l'esodo, Vermilinguo, cacciato dal re, torna da Saruman e lo informa di questi progetti, e così il malvagio stregone decide di mandare una squadra di mannari selvaggi per attaccarli. Nello scontro sono vittoriosi gli uomini di Rohan, ma Aragorn cade in burrone, trascinatovi da un mannaro.
Dopo la battaglia, i sopravvissuti raggiungono il Fosso di Helm, dove cominciano a barricarsi per l'imminente scontro con le forze di Saruman, e con stupore di tutti ritorna anche Aragorn, salvatosi dal dirupo e recante notizie riguardanti le forze del nemico. Alle forze impegnate nella difesa disperata si unisce anche uno squadrone di elfi (guidati da Haldir) inviati da Elrond, Celeborn e Galadriel per onorare l'antica alleanza tra elfi e uomini. Nel frattempo Saruman scopre il punto debole del Fosso di Helm: una grata di drenaggio dell'acqua, per niente protetta, e decide di iniziare da lì il suo attacco alla fortezza.
Gollum, sfuggito alla cattura dei Gondoriani, è sorpreso da Faramir mentre s’immerge nello stagno proibito vicino al loro rifugio in cerca di pesci. A questo punto è fatto chiamare Frodo per decidere della sua vita, e l’hobbit sceglie di aiutare i soldati di Gondor a catturarlo. Durante l'interrogatorio Gollum svela il segreto dell'Anello e Faramir decide di tenerlo per sé e donarlo a suo padre, sovrintendente di Gondor, soprattutto per dimostrare il suo valore di fronte al genitore.
Le truppe di Saruman arrivano davanti al Fosso per l'imminente scontro che vede gli Uruk-hai contro l'alleanza di uomini ed elfi. La battaglia inizia, sotto la tempesta, dopo una freccia scoccata per sbaglio da un arciere di Rohan che uccide uno dei nemici. All'inizio lo scontro sembra svolgersi a favore dei difensori, ma la scoperta del punto debole della fortezza rende il tutto più difficile: Saruman ha infatti creato una polvere da sparo molto potente, creando delle "bombe" utilizzate per aprire una breccia nelle mura, nella quale si riversano immediatamente ondate di Uruk-hai che riescono ad aprirsi un varco e conquistare parte del Fosso. I difensori si rifugiano all'interno della torre della fortezza in un ultimo disperato tentativo di difesa. Lì è deciso l'ultimo attacco dei difensori, cioè una carica a cavallo in mezzo agli Uruk-hai in nome di Rohan e della sua gente. Dopo quest'ultimo atto eroico, i difensori trovano la vittoria grazie all'improvviso arrivo di Gandalf e della compagnia di Éomer che lo stregone era andato a cercare.
Dopo aver cercato invano di convincere gli Ent a entrare in guerra contro Sauron e Saruman durante l'Entaconsulta, Pipino chiede a Barbalbero di accompagnarli non a nord ma a Isengard, dove riprenderanno la strada per la Contea, con uno stratagemma: "Più ci avviciniamo al pericolo, meno rischiamo di essere notati" come afferma Pipino. Dirigendosi verso Isengard, Barbalbero si accorge dello scempio compiuto da Saruman ai danni della foresta, e decide di richiamare tutti gli Ent per muovergli guerra. Saruman, ormai sicuro di avere la vittoria in pugno, è colpito alla sprovvista da un nuovo potente nemico che aveva sottovalutato e da cui è immediatamente sopraffatto.
Nel frattempo, Sauron attacca Osgiliath, ultima roccaforte dei Gondoriani prima di Minas Tirith, difesa da Faramir e dalla sua armata. Durante la battaglia, il capitano di Gondor decide di lasciar liberi Frodo, Sam e Gollum dedicandosi alla difesa della città nonostante la loro netta minoranza ma avverte il Portatore dell'Anello di stare in guardia.
Il quadro finale su cui si apre la terza parte della trilogia (Il ritorno del Re) e questo: con l'esito della Battaglia del Fosso di Helm Saruman è sconfitto, ma Sauron sta comunque estendendo il suo potere invadendo Gondor e Gollum trama subdolamente alle spalle di Frodo e Sam per impadronirsi dell'Anello.

Il signore degli anelli: La compagnia dell'anello

Il signore degli anelli: La compagnia dell'anello
Regia
Regia: Peter Jackson
Soggetto: J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens
Produttore: Peter Jackson, Barrie M. Osborne, Tim Sanders, Fran Walsh
Casa di produzione: New Line Cinema
Distribuzione (Italia): Medusa Film
Fotografia : Andrew Lesnie
Montaggio: John Gilbert
Effetti speciali: Richard Taylor, Jim Rygel
Musiche: Howard Shore (musiche originali), David Donaldson, Enya, David Long, Steve Roche, Janet Roddick
Scenografia: Grant Major, Dan Hennah, Alan Lee, John Howe
Personaggi
Elijah Wood: Frodo Baggins
Ian McKellen: Gandalf
Liv Tyler: Arwen
Viggo Mortensen: Aragorn
Sean Astin: Samvise Gamgee (Sam)
Cate Blanchett: Galadriel
John Rhys-Davies: Gimli
Billy Boyd: Peregrino Tuc (Pipino)
Dominic Monaghan: Meriadoc Brandibuck (Merry)
Orlando Bloom: Legolas
Christopher Lee: Saruman
Hugo Weaving: Elrond
Sean Bean: Boromir
Ian Holm: Bilbo Baggins
Andy Serkis: Gollum/Sméagol
Marton Csokas: Celeborn
Craig Parker: Haldir
Mark Ferguson: Gil-Galad
Lawrence Makoare: Lurtz
Harry Sinclair: Isildur
Peter McKenzie: Elendil
Cameron Rhodes: Maggot il benefattore
Martyn Sanderson: Guardiano alle porte di Brea

Sarah McLeod: Rose 'Rosie' Cotton
Trama:

Il film, pur ispirandosi all'opera di Tolkien, in realtà si prende come ogni adattamento alcune licenze, cercando comunque di rispettare lo spirito dell'autore.
A differenza del romanzo, nel prologo del film si narra della Seconda Era, in cui sono stati forgiati gli anelli, spiegando come lo hobbit Bilbo Baggins sia infine entrato in possesso dell'Unico Anello.
La prima parte del prologo, tratta dall'ultimo racconto de Il Silmarillion, narra dei diciannove anelli che Sauron, l'Oscuro Signore di Mordor ha donato alle razze della Terra di Mezzo: sette anelli sono stati dati ai nani, tre agli elfi e nove ai re degli uomini; tutti questi, però, sono stati ingannati dall'oscuro signore, il quale ne forgiò uno, l'Unico Anello, con lo scopo di dominare tutti gli altri.
Nella battaglia contro Sauron, Isildur, figlio del re degli uomini Elendil, taglia a Sauron il dito al quale è infilato l'Unico Anello, ottenendo così un'insperata vittoria. Impossessatosi dell'Anello, si lascia però irretire dal malvagio potere in esso contenuto e non ascolta il consiglio del re degli elfi Elrond, che gli dice di gettarlo nella bocca del vulcano su Monte Fato per sconfiggere definitivamente il nemico.
Questa scelta gli costerà la vita e porterà alla rovina la razza degli uomini, mentre vengono così perse le tracce dell'Anello, che viene in seguito ritrovato dal misterioso Gollum. Anche l'infelice essere viene irretito dal malvagio potere di Sauron, ed infine inspiegabilmente smarrisce l'Anello (forse per volontà dell'oggetto stesso) che viene poi ritrovato da Bilbo Baggins.
La storia comincia con i preparativi per il compleanno di Bilbo, impegnato nella stesura della sua autobiografia: Andata e ritorno. Nel frattempo si avvicina al villaggio di Hobbiville il potente stregone Gandalf il Grigio, anch'egli invitato ai festeggiamenti in quanto amico di lunga data del vecchio hobbit. Durante la festa, Bilbo indossa davanti a tutti gli ospiti l'Anello e scompare, con l'intenzione di andare a Gran Burrone e non farsi ritrovare mai più. Prima della partenza, però, viene convinto da Gandalf a lasciare l'Anello al nipote Frodo.
Dopo qualche tempo Gandalf torna ad Hobbiville e studia l'Anello, scoprendo la sua origine. La natura del sinistro monile è confermata indiscutibilmente quando gettandolo nel fuoco al suo interno compare l'incisione con il testo:
« Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nell' oscurità incatenarli. »
Gandalf riferisce a Frodo che Sauron è risorto spiritualmente per tornare in cerca dell'Anello, per questo motivo ha inviato i nove Spettri dell'Anello (i Nazgûl) a Hobbiville. Frodo, su suggerimento di Gandalf, decide di partire per il villaggio di Brea per non far trovare l'Anello al nemico. Con lui parte anche il suo giardiniere Samvise Gamgee, mentre Gandalf si dirige ad Isengard, presso il capo dell'ordine degli stregoni Saruman il Bianco, per riferirgli i fatti in corso.
Tuttavia, Saruman ha visto quanto sta accadendo tramite il Palantír, la pietra veggente, e ha deciso di schierarsi dalla parte dell'Oscuro Signore. Ignaro di ciò, Gandalf si reca da lui per informarlo degli eventi, ma Saruman cerca di indurlo ad allearsi a lui. Nasce uno scontro da cui Gandalf esce sconfitto ed è imprigionato nella torre di Orthanc.
Saruman crea un esercito di orchi (più precisamente, gli Uruk-hai, fisicamente molto più potenti dei normali orchi) al servizio di Sauron; nel frattempo Gandalf scappa grazie all'aiuto di Gwaihir, una delle Grandi Aquile.
Durante il viaggio i due Hobbit (Frodo e Sam) incontrano due loro congiunti, Meriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc, che si uniscono al loro viaggio; purtroppo sono intercettati ed inseguiti dai Cavalieri Neri, ma riescono comunque a raggiungere la locanda del Puledro impennato a Brea, e lì attendono, invano, l'arrivo di Gandalf. Nella locanda incontrano il ramingo Grampasso.
Frodo, per sbaglio, indossa l'Anello per la prima volta, diventando invisibile: tutto quello che lo circonda assume un aspetto distorto, circondato da una mistica nebbia. I Cavalieri Neri, attirati dalla forza magica dell'Anello, cercano di ucciderlo, ma il giovane hobbit è salvato dall'intervento di Grampasso.
Il ramingo, allora, si unisce agli Hobbit per accompagnarli a Gran Burrone da Elrond; durante il viaggio sono raggiunti dai Nazgûl che feriscono Frodo con un pugnale di Morgul, e solo l'intervento di Grampasso, che li respinge con il fuoco, evita conseguenze ancor più gravi. Ad aiutare Frodo, che sta male dopo la pugnalata ricevuta, arriva la principessa Arwen, figlia di Elrond, che con il suo cavallo lo conduce a Gran Burrone proteggendolo dai nove spettri: qui Elrond lo cura e qui Frodo, al suo risveglio, incontra Gandalf, i suoi amici hobbit, e suo zio Bilbo (che, una volta lasciato l'Anello, è invecchiato inesorabilmente).
Il Consiglio di Elrond si riunisce a Gran Burrone, con rappresentanti di tutte le razze, tra cui Gimli per i nani, Legolas per gli elfi, e Boromir per gli uomini. Prima che si tenga il Consiglio, Arwen annuncia a Grampasso di voler rinunciare alla sua immortalità per vivere da mortale con lui che cerca invano di dissuaderla. Il Consiglio decide, con evidente disappunto di Boromir, di distruggere l'Anello portandolo a Mordor e gettandolo nel Monte Fato, dove è stato forgiato.
« L'anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Glòin, qualunque sia l'arte che noi possediamo.. L'anello fu forgiato tra le fiamme del Monte Fato, solo lì può essere annientato. »
(Elrond a Gimli, che ha tentato invano di distruggere l'Anello)
Frodo si offre volontario per compiere la missione ed a lui si uniscono Gandalf, Grampasso (che nel frattempo si è rivelato come Aragorn, erede di Isildur e del trono di Gondor), Legolas, Gimli, Boromir, Sam, Merry e Pipino: è questa la compagine che prenderà il nome di Compagnia dell'Anello. Bilbo regala a Frodo due oggetti magici, che lo aiuteranno nel corso del suo viaggio: Pungolo, una spada incantata la cui lama s'illumina non appena ci sono orchi nelle vicinanze ed una corazza fatta di mithril, un metallo dei nani caratterizzato da straordinaria leggerezza e grande resistenza. La strada scelta per arrivare alla meta è inizialmente la Breccia di Rohan, da cui la Compagnia devierà poi per l'angusto passo di Caradhras. Alla fine gli ostacoli posti da Saruman costringeranno il gruppo a passare per le miniere di Moria, regno di Balin, cugino di Gimli

« Vorrei che l'anello non fosse mai venuto da me. Vorrei che non fosse accaduto nulla.
Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere. Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso. »
(Frodo e Gandalf)

Giunti alle miniere, dopo aver superato il pericoloso Osservatore nell'acqua, scoprono che tutti i nani delle miniere sono stati sterminati dai Goblin. Durante il viaggio, Frodo e Gandalf si accorgno che la Compagnia è seguita da Gollum (che, in un primo momento imprigionato a Barad-dûr, fortezza di Sauron, ne è evidentemente stato rilasciato) Nelle miniere sono attaccati dagli orchi e da un troll di caverna e, dopo averli sconfitti, si recano al ponte di Khazad-dûm, dove li aggredisce il Flagello di Durin, un Balrog, un demone che non può essere sconfitto con armi normali: proprio per questo al demone si oppone il solo Gandalf che, per salvare la Compagnia, si sacrifica, precipitando col mostro nelle viscere della montagna.
Aragorn assume il comando della Compagnia che guida al bosco di Lothlórien, regno di sire Celeborn e della dama della luce Galadriel. È qui che Boromir comincia a nutrire dei dubbi sull'esito della missione, mentre Frodo vede attraverso lo specchio magico di Galadriel la distruzione della Contea da parte degli orchi e la terribile prigionia che aspetta i suoi compagni in caso di fallimento. Le dolorose sensazioni causate dalla visione lo accompagneranno per il resto del viaggio.
La Compagnia lascia il regno di Galadriel con gli omaggi ricevuti dagli elfi e continua il viaggio in canoa, lungo il fiume. Nel frattempo gli Uruk-hai di Saruman vengono da questo messi sulle tracce della Compagnia, con l'ordine di catturare tutti gli hobbit e portarli al cospetto dello stregone. Mentre si riposano sulla sponda del fiume, Boromir, offuscato nella ragione dalla vicinanza con l'Anello, tenta di rubarlo, ma Frodo, impaurito, lo indossa. Intanto sopraggiungono gli Uruk-hai ed il primo ad affrontarli è Aragorn, che consente così a Frodo, che aveva già in animo di proseguire da solo, di fuggire. In suo aiuto giungono anche Legolas, arciere sopraffino, e Gimli, che abbatte i nemici a colpi d'ascia.
Durante la sua fuga Frodo s'imbatte in Merry e Pipino, i quali richiamano l'attenzione degli orchi di Saruman per salvarlo e permettergli di proseguire la sua missione. Boromir si sacrifica venendo trucidato dalle frecce degli orchi per salvare i due cugini, ma questo non impedisce che essi siano catturati.
Frodo quindi, deciso a proseguire la missione da solo, sale su una delle canoe, ma il fido Sam, per mantenere la parola data a Gandalf, non vuole abbandonarlo e così proseguono il viaggio insieme.
L'ultima scena, tratta dal primo capitolo de Le due Torri, vede Aragorn, Legolas e Gimli che decidono di andare alla ricerca degli hobbit rapiti (Merry e Pipino).

« E venne il crepuscolo. Andavano veloci, come ombre grigie in contrade rocciose. »

(dalla conclusione del I capitolo de Le Due Torri)

Il Gladiatore

Il gladiatore
Regia
Regia: Ridley Scott
Soggetto: David Franzoni
Sceneggiatura: David Franzoni, John Logan,William Nicholson
Produttore: Douglas Wick, Branko Lustig, David Franzoni
Produttore esecutivo: Walter F. Parkes, Laurie MacDonald, Ridley Scott
Casa diproduzione: Universal Pictures, DreamWorks Pictures
Distribuzione(Italia): Universal Pictures
Fotografia: John Mathieson
Montaggio: Pietro Scalia
Musiche: Hans Zimmer, Lisa Gerrard,Klaus Badelt
Scenografia: Arthur Max
Normale
Russell Crowe: Massimo Decimo Meridio
Joaquin Phoenix: Commodo
Connie Nielsen: Augusta Lucilla
Richard Harris: Marco Aurelio
Oliver Reed: Proximo (nell'originale: Antonius Proximo)
Djimon Hounsou: Juba
Derek Jacobi: senatore Gracco
Tomas Arana: Quinto
David Hemmings: Cassio (nell'originale: Cassius)
Ralf Moeller: Hagen
Spencer Treat Clark: Lucio Vero
David Schofield: senatore Falco
John Shrapnel: senatore Gaio
Tommy Flanagan: Cicero
David Nicholls: uomo gigante
Giannina Facio: moglie di Massimo
Giorgio Cantarini: figlio di Massimo
Chris Kell: scriba rapito
John Quinn: Valerius
Alun Raglan: pretoriano
Chick Allan: capo dei barbari germanici
Tony Curran: spia
Mark Lewis: spia
Trama
Nell'anno 180 d.C., il valente generale Massimo Decimo Meridio guida l'esercito romano alla vittoria durante la guerra contro i Marcomanni in Germania, guadagnandosi ancora di più la stima dell'anziano imperatore romano Marco Aurelio, gravemente malato. Marco Aurelio, che sente prossima la fine, sceglie, in luogo del figlio Commodo, considerato inadatto al ruolo, il generale Massimo come proprio successore al quale affidare il compito di far tornare Roma ad essere una repubblica, restituendo il potere al senato, ovvero al popolo romano, come era prima dell'avvento dell'età imperiale.
Inizialmente riluttante, Massimo chiede tempo per decidere e si ritira in tenda a pregare gli Dei affinché lo aiutino a decidere per il suo futuro e proteggano la sua famiglia, idealmente rappresentata da due statuette della moglie e del figlio, che Massimo porta con sé. Nel frattempo Marco Aurelio comunica la sua decisione al figlio, che era giunto da Roma insieme alla sorella Lucilla. Commodo, deluso e afflitto per la scelta del padre, lo uccide soffocandolo con il proprio petto prima che renda pubblica la sua decisione. Massimo capisce che l'imperatore non è morto per cause naturali, ma è stato ucciso dal figlio, dunque rifiuta di sottomettersi a Commodo, che allora dà ordine a Quinto, nominato prefetto del Pretorio,che non essendo resa pubblica la scelta di Marco Aurelio, credeva Massimo un traditore, di far uccidere lui e la sua famiglia. Successivamente viene incoronato imperatore a Roma.
Massimo viene immobilizzato e condotto in mezzo alla foresta, dove sono ben visibili i segni della battaglia, per essere giustiziato; inginocchiatosi davanti al boia riesce, dopo aver finto di accettare il suo destino, ad afferrarne la spada e ad uccidere, uno dopo l'altro, tutti i pretoriani del manipolo. Gravemente ferito a un braccio nell'azione, s'impossessa di due cavalli e intraprende il lungo viaggio verso casa, ma giunge troppo tardi: Massimo vede alcuni suoi amici morti, e poi scopre la moglie e il figlio crocefissi tra le rovine fumanti della propria abitazione. Disperato, piange i suoi cari, infine si accascia straziato dal dolore e sfinito dalla stanchezza.
Catturato da un mercante di schiavi viene venduto a Proximo, un ex gladiatore divenuto lanista, che proprio Marco Aurelio aveva affrancato insignendolo del rudis, la spada di legno. Massimo è portato in Africa ed è costretto a combattere nell'arena, dando presto prova delle sue eccellenti qualità di guerriero, che gli fanno accrescere la popolarità tra gli spettatori e il rispetto degli altri combattenti; l'"Ispanico", come è conosciuto nella familia gladiatoria, stringe amicizia con Juba, un cacciatore numida e con Hagen, un combattente germano che, fino alla comparsa di Massimo, era il più valoroso dei gladiatori di Proximo. Durante le pause degli spettacoli Juba e Massimo, parlando delle rispettive famiglie e della vita che conducevano prima di divenire schiavi, rinsaldano la loro amicizia traendo coraggio, di fronte alla prospettiva della morte in combattimento, dalla speranza che avrebbero rincontrato i loro familiari nell'aldilà.
Quando Commodo, soprattutto per conquistare la folla, ordina che per un lungo periodo, 150 giorni, si tengano a Roma dei giochi gladiatorii in memoria del padre, proprio colui che cinque anni prima ne aveva disposto l'interruzione, anche i gladiatori di Proximo vengono affittati per lo spettacolo. A Roma i gladiatori di Proximo vengono destinati a rievocare la battaglia di Zama della seconda guerra punica, rappresentando le truppe di Annibale, l'orda barbarica, schierate contro le legioni di Scipione l'Africano. Massimo, che indossa una maschera che ne cela le sembianze, assume il comando del gruppo e disponendo i propri compagni a testuggine al centro dell'arena riesce a sovvertire l'esito di un incontro in cui erano storicamente destinati alla sconfitta. Impossibilitato a uccidere Massimo, guadagnatosi il sostegno della folla che chiede incessantemente la grazia, Commodo, amareggiato, solleva la mano e protende il pollice verso l'alto, lasciando infine l'arena mentre la folla riecheggia e osanna il nome di Massimo.
Lucilla, dopo aver visto Massimo in vita, s'incontra segretamente con lui in una delle celle in cui si trovano i gladiatori. Durante il loro colloquio Massimo l'accusa con rabbia di aver partecipato agli omicidi del padre e della sua famiglia, ma lei lo nega decisamente, dichiarandosi a sua volta terrorizzata e vittima del fratello. Lucilla confida a Massimo di disporre di potenti alleati in Senato che vogliono detronizzare Commodo e lo invita ad allearsi con loro per rovesciare il fratello, ma Massimo rifiuta e le chiede di dimenticarlo, chiudendo bruscamente l'incontro.
Il giorno dopo Massimo deve fronteggiare l'unico gladiatore imbattuto che ritorna nell'arena cinque anni dopo il suo ritiro, Tigris delle Gallie. Durante il combattimento più volte da botole che si aprono nell'arena balzano fuori delle tigri incatenate che si avventano, trattenute a stento dagli addetti, contro Massimo. Una delle tigri riesce ad atterrarlo, ma viene trafitta da Massimo che riesce, pur sotto il peso della fiera, a colpire ripetutamente Tigris, che si abbatte in terra sconfitto. Tigris, condannato a morte dal pollice verso di Commodo, viene graziato da Massimo che si rifiuta di ucciderlo, sfidando deliberatamente l'ordine dell'Imperatore. La folla lo acclama come "Massimo il misericordioso" mentre Commodo, abbandonato il palco, lo raggiunge nell'arena e gli dice, per farlo combattere contro di lui (a scopo di ucciderlo): senza perdere la calma, Massimo si volge e si allontana, sottolineando ancora una volta la sua volontà a non riconoscere Commodo come imperatore.
Mentre viene riaccompagnato alla scuola dei gladiatori Massimo viene informato da Cicero, il suo fedele servitore, che il suo esercito, accampato ad Ostia, gli è rimasto fedele. Riesce a incontrarsi nelle celle dei gladiatori con Lucilla e il senatore Gracco, al quale chiede di farlo uscire da Roma e ricongiungere col suo esercito col quale tornerà a Roma e rovescerà Commodo. Sospettando il tradimento della sorella, Commodo minaccia indirettamente il figlio Lucio, costringendola a rivelare il complotto. I pretoriani arrestano immediatamente Gracco e prendono d'assalto la caserma, combattendo contro i gladiatori di Proximo mentre Massimo scappa. Hagen e Proximo vengono uccisi durante l'assedio, mentre Juba e i superstiti vengono imprigionati. Massimo fugge attraverso un tunnel dalle mura della città, ma assiste impotente alla morte di Cicero, trafitto dalle frecce dei pretoriani, e viene catturato da una coorte della guardia pretoriana.
Massimo, incatenato nei sotterranei, riceve la visita di Commodo che lo sfida a duello nell'arena. Per essere certo della vittoria, prima di affrontarlo gli infligge a tradimento una pugnalata sotto l'ascella con uno stiletto e ordina a Quinto di celare la ferita. Condotto nell'arena, ove lo attende Commodo, Massimo raccoglie la spada da terra e inizia il duello, mentre i pretoriani si dispongono a cerchio attorno ai combattenti. Dopo alcuni scambi di colpi Massimo, pur indebolito dalla ferita, riesce a disarmare Commodo ma a sua volta, prostrato dallo sforzo, lascia cadere la sua spada. Commodo chiede un'altra spada, dapprima a Quinto, che capendo finalmente la natura abietta e subdola di Commodo non acconsente, e poi ai pretoriani che però, su ordine di Quinto, non intervengono. Commodo estrae allora uno stiletto nascosto e si getta su Massimo che contrattacca, colpendolo con pugni violenti. I due lottano avvinghiati per alcuni secondi, fino a che Massimo riesce a spingergli la mano indietro e affondare lo stiletto nella gola di Commodo, che cade senza vita in un Colosseo avvolto dal silenzio. A Massimo, ormai morente, appaiono la sua casa e la sua famiglia, ma viene riportato alla realtà dalla voce di Quinto che gli chiede indicazioni.
Massimo chiede a Quinto di liberare Juba e gli altri gladiatori di Proximo sopravvissuti e di restituire alle sue mansioni il senatore Gracco, al quale chiede di restaurare a Roma il governo repubblicano, proprio come voleva Marco Aurelio. Dopo l'affermazione di Quinto ed un'ultima e più nitida visione dei suoi cari, che lo stanno aspettando, Massimo, per la ferita, crolla pesantemente a terra morendo tra le braccia di Lucilla, inginocchiatasi accanto a lui. Dopo avergli chiuso gli occhi si rialza come donna fedele alla repubblica e ricorda a tutti che Massimo è stato un uomo buono e un soldato di Roma e che la sua memoria va onorata. Il corpo di Massimo viene sollevato e portato fuori dal Colosseo, seguito da tutto il popolo, mentre il cadavere di Commodo resta abbandonato nell'arena. Quella stessa notte Juba ritorna libero nel Colosseo vuoto e seppellisce, nella sabbia intrisa di sangue dov'era caduto Massimo, le statuine della moglie e del figlio di Massimo, dicendo la storica frase: "Ci rivedremo un giorno... ma non ancora".